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lunedì 9 ottobre 2017

EurHop 2017. Come è andata. Capitolo Primo: Italia

Appena rientrato alla base dopo l'evento che tutti gli appassionati attendono di anno in anno: EurHop, il festival dedicato alle birre artigianali.

Ogni anno ottobre vuol dire EurHop, senza dubbio il festival più importante che abbiamo in Italia e uno dei maggiori in Europa. Non per nulla, ogni anno riunisce migliaia di appassionati provenienti da tutto il mondo e il livello dei birrifici si alza ogni anno di più.
Come ampiamente pronosticato lo scorso anno la location, per quanto bellissima, inizia davvero ad essere stretta. Affluenza notevole anche nelle ore pomeridiane a differenza degli scorsi anni che risultava vivibile almeno fino alle 20 circa.
Fortunatamente il meteo è stato clemente quindi ci si poteva accomodare fuori, sia alle numerose panche sia sugli scalini del Salone delle Fontane.

Ma parliamo di birra ovviamente e in questo capitolo primo, voglio concentrarmi sulle produzioni nostrane. In un contesto come quello di EurHop, dove si fa a gara per assaggiare produzioni provenienti dall'altro capo del mondo facendosi trascinare da hype e curiosità.
Tutto giustissimo, sia chiaro, io per primo ho messo in lista diverse produzioni americane ad esempio, ma mai come quest'anno credo di aver bevuto tante birre italiane di grande livello.
Partiamo subito da quelle che sono conferme ogni volta che me le ritrovo nel bicchiere. Vento Forte e le sue creazioni luppolate hanno sempre una marcia in più. Pale Ale, Session #32 e la nuovissima cotta della New England IPA Sheepes sono grandi esempi di eleganza e bilanciamento.
Ho provato poi altre due creazione del birrificio di Bracciano, la Bobby Brown, brown ale molto centrata con note di nocciola e una suggestione di amaretto che la rendeva molto interessante; e la vera sorpresa..la Ninfa. farmhouse affinata in botti ex vino rosso con aggiunta di albicocche. Birra molto ben fatta, profumata, con un'acidità mitigata benissimo dalla dolcezza del frutto.
In tema di birre luppolate, non si può non citare Hammer. Son birre che bevo spesso, oserei dire quotidianamente e mi sono quindi concentrato su quella che ancora non avevo incrociato: la Workpiece American IPA, vero mostro di pulizia ed equilibrio racchiusi in 7 gradi che ne dimostrano poco più della metà.


Proseguo la rassegna luppolata con quella che è stata considerata da molti una delle migliori New England IPA fra le italiane: la Velvet Suit di Mc77. La incrocio per la prima volta e ne confermo la bontà nel suo punto di forza: equilibrio e morbidezza al palato.
Resident Evil - Extraomnes
Restiamo in centro Italia e andiamo da Birra Perugia da cui ho assaggiato il sidro di mele. Ebbene sì, non si vive di sola birra! Non ho mezzi tecnici o di paragone (ne ho bevuti davvero pochi in vita mia) per dettagliare la bevuta, ma ho apprezzato molto la secchezza finale che ne alleggerisce la bevuta (stiamo parlando di otto gradi alcolici).
Un assaggio al volo della Piedi Neri, fiore all'occhiello del birrificio Croce di Malto. Si tratta di una imperial stout di quasi 9 gradi prodotta con riso nero e farina di castagne. Berla è sempre un gran piacere, toni caffettosi e tostati ben dosati da pennellate che ricordano il miele di castagno.
Salgono i gradi e arrivo al banco di Extraomnes per provare la Resident Evil, strong ale di ben 10 gradi costruita con la solita grande maestria che riesce a nascondere la sua statura alcolica dietro a tanta frutta a pasta gialla e dolcetti di pasticceria. Chiude con una buona secchezza. Fra le migliori bevute dell'intero festival. L'oblio è ormai la meta prefissata quando scorrendo le notizie di Facebook mi appare un post di Schigi in cui annuncia di aver attaccato la Chien Andalou, straordinaria nella sua complessità e al tempo stesso facilità di bevuta.

Lale - Loverbeer
Di Loverbeer volevo assolutamente assaggiare le due nuovissime creazioni disponibili dalle 17 del sabato. La Binde è una rarità che riposa per ben 30 mesi in botti con aggiunta di Brettanomyces. Quindici (15!!) fusti disponibili in tutto il mondo; occasione più unica che rara per una birra complessa, con punte acetiche molto pronunciate e con un volume alcolico avvertibile solo leggendo l'etichetta. Capolavoro ripetuto con la Lale che prende vita dalla Dama Bruna che viene fatta riposare per sedici mesi in botti, successivamente vengono aggiunte ciliegie per altri 4 mesi di botte.

Chiudo la rassegna italiana con due produzioni di Ca' del Brado, realtà giovanissima che sta giustamente ricevendo larghi consensi nel grande pubblico degli appassionati.
La Cuvée de Mugliega, edizione limitata e prodotta per la Brasserie Arnage, è una blend fra vari affinamenti in botte a
Cuvée de Zrisa - Ca' del Brado
cui sono aggiunte albicocche biologiche. Il risultato è una birra davvero ben fatta dove l'acidità è piacevolmente aggraziata dagli spunti dati dall'utilizzo delle albicocche.
La Cuvée de Zrisa invece fa parte delle stagionali di Ca' del Brado, ed è il risultato del blend di vari affinamenti in legno con aggiunta di due tipologie di ciliege di Vignola. La birra è piacevolmente fruttata, con punte aspre ma sul finale emerge un qualche suggestione aromatica di plastica non particolarmente piacevole. Birra che a mio avviso evolverà e darà il meglio di sè fra qualche tempo.

Dovrei aver scritto quasi tutti gli assaggi ma come sempre accade, posso aver lasciato indietro qualche nome. La fotografia che mi ha rilasciato questo EurHop è che il livello medio delle birre italiane presenti può davvero fare la parte del leone ormai in tantissime manifestazioni estere, sia in Europa che in America. Dispiace quindi che spesso nei festival di punta (pensa ad esempio al MBC) non vi è ancora la giusta considerazione per i nostri prodotti. Ma questa è un'altra storia..magari da approfondire con un post apposito..vedremo.

Per ora il racconto è terminato! Proseguirò come al solito con il resto del mondo nel prossimo capitolo.
Cheers!

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